Cava di piperno di Masseria del Monte in Pianura
Il territorio dell’area napoletana è interessata sin dall’epoca greco romana, da numerose cave di varia tipologia, a fossa, di versante e in sotterraneo, tutte sviluppate in prodotti vulcanici.
Dal punto di vista dei prodotti coltivati le cave si possono suddividere in
cave di prodotti sciolti e
cave di rocce lapidee; queste ultime si suddividono in tufi e lave o similari. I prodotti sciolti più pregiati sono le pozzolane. I tufi si distinguono in tufo grigio e tufo giallo; il secondo ha caratteristiche meccaniche migliori ed è più utilizzato del primo nelle costruzioni. Sono prodotti di eruzioni esplosive ed i meccanismi deposizionali sono prevalentemente di flusso. Nell’area napoletana questi prodotti sono associati al vulcanismo flegreo che si estende dall’”area flegrea” alla città di Napoli fino ai suoi confini orientali.
E’ oggetto di questa nota l’analisi di uno dei prodotti più caratteristici dei Campi Flegrei, il
piperno, una roccia lapidea utilizzata nella forma più pregiata in opere monumentali in modo estensivo nella città di Napoli. I principali luoghi di estrazione di tale prodotto sono a Soccavo e a Pianura, ai piedi della collina dei Camaldoli, luogo di notevole rilevanza vulcanologica nella storia eruttiva dei Campi Flegrei. In particolare si analizzerà la nota cava di Masseria del Monte in località Pianura.
Il vulcanismo flegreo è associato al processo distensivo che investe il margine continentale della penisola italiana in seguito all’apertura del Tirreno ed alla conseguente migrazione della penisola verso est, sud-est, iniziato circa 9 milioni di anni fa.
Dopo la formazione della catena Maghreb Appennino, in seguito alla collisione Africa Europa, il crescente carico litostatico in asse di catena ha generato un campo di deformazioni tensili tale da produrre un assottigliamento litosferico e la risalita del mantello. Tale processo si è evoluto con l’espansione di un’area continentale che ha dato origine al bacino tirrenico ed ha prodotto l’oceanizzazione della crosta (fig. 1). In conseguenza di tale processo l’area napoletana è caratterizzata da una struttura di collasso (graben) all’interno della quale si è formata la piana campana e si è sviluppato il vulcanismo (fig. 2).
Il fenomeno si è sviluppato con più centri di espansione in seguito alla risalita del mantello con un meccanismo diapirico che avrebbe dato origine a hot plume. Si individuano due centri ben sviluppati, uno al centro del Tirreno in corrispondenza del centro eruttivo sottomarino Vavilov e l’altro nella parte meridionale del bacino in corrispondenza del vulcano sottomarino Marsili. Il vulcanismo ricordato è di tipo tholeitico caratteristico di sorgenti magmatiche che si generano in condizioni di alta temperatura e bassa pressione, coerenti con zone caratterizzate da crosta assottigliata e temperature elevate, proprie delle aree interessate dai rami ascendenti di celle convettive sviluppate nel mantello. Un terzo centro di espansione, in corso di formazione, è ai margini del bacino tirrenico lungo la costa della Campania. Qui la risalita del mantello ha prodotto prima la tumescenza della litosfera, poi la risalita dei magmi nella crosta, successivamente eruzioni e collassi, fino alla costruzione dei tre centri eruttivi principali: Vesuvio, Ischia e Campi Flegrei (fig. 3). Il Vesuvio si formerà come apparato poligenico da un originario campo vulcanico, Ischia ed i Campi Flegrei conserveranno le caratteristiche di campi vulcanici.
Non è noto l’inizio del vulcanismo nell’area flegrea che può farsi risalire alla fase tettonica quaternaria che ha investito il bordo tirrenico della penisola. La risalita di un notevole volume di magma ha prodotto, circa 39.000 anni fa, un eruzione esplosiva con l’emissione di oltre 250 Km3 di prodotti piroclastici che hanno dato luogo alla formazione dell’Ignimbrite Campana e della caldera flegrea. Il prodotto tipico di questa eruzione è noto come Tufo Grigio Campano, diffuso in tutta la Piana e nelle valli circostanti. Il piperno rappresenta una fase di questa eruzione.
Successivamente alla grande eruzione dell’Ignimbrite Campana, segue un’attività intracalderica, prevalentemente esplosiva di più modesta entità. Tra i prodotti di maggiore diffusione di questa fase eruttiva si annoverano i così detti Tufi Biancastri di cui risulta problematica la definizione dei centri di emissione, in quanto la parte interna della caldera dell’Ignimbrite sarà soggetta a profonde modifiche in seguito all’eruzione del Tufo Giallo Napoletano, circa 15.000 anni fa, con l’emissione di circa 50 Km3 di prodotti piroclastici. Quest’eruzione modificherà profondamente il paesaggio del territorio dove si svilupperà la città di Napoli, in quanto i flussi generati dall’eruzione, mantelleranno le alture formatesi con le eruzioni precedenti.
Anche a questa eruzione si associa un collasso calderico di minori dimensioni, rappresentato dall’attuale conca flegrea, ad occidente della collina di Posillipo.
Sezione geologica di Masseria del Monte
La parete della collina dei Camaldoli nella parte retrostante la Masseria del Monte è costituita dal basso verso l’alto da un deposito di Piperno (Ca2) per uno spessore di circa 5 m, di cui non si osserva la base. I primi 3 m di questo affioramento sono in facies non saldata, costituiti prevalentemente da frammenti di lave arrotondati, di colore grigio scuro e di dimensioni variabili da cm a dm. I 2 m successivi sono in facies saldata con diffusa presenza di “fiamme” (struttura vetrosa allungata). Al di sopra del banco di Piperno si rinviene un deposito cineritico di colore biancastro (Ca3) in cui sono immerse pomici alterate di color ocra. Lo spessore di questo livello è variabile ma inferiore al metro. Le pomici alterate crescono in numero e dimensioni nella parte alta del deposito. Gli elementi litici sono soprattutto lavici di dimensioni variabili fino ad un massimo di 20 cm. I litici di dimensioni maggiori sono addensati nella parte bassa del deposito al contrario di quanto si osserva per le pomici. Si è in presenza, quindi, di una gradazione diretta per i litici ed inversa per le pomici. Infine, in questo livello cineritico, si osservano strutture di degassazione di piccola sezione e lunghe circa 50 cm. A questo deposito segue in continuità verso l’alto un deposito grossolano (Ca4) che raggiunge uno spessore di circa 8 m. Tale deposito è costituito da pomici, spesso molto alterate e simili a quelle immerse nella cinerite biancastra sottostante, e da litici prevalentemente lavici talvolta alterati di colore rosso mattone.
Note
Fig. 1: Espansione del Tirreno Migrazione verso E e SE e deformazione della penisola italiana.
Fig. 2: Bordo tirrenico Campania; in blu struttura a graben e vulcanismo.
Fig. 3: Vulcanismo dell’area napoletana: risalita del mantello, tumescenza della litosfera, sua fratturazione, migrazione del magma in superficie e vulcanismo.
Fig. 4: Caldera flegrea, limiti in rosso; problematica la definizione dei limiti orientali. Parte della caldera è sommersa nel golfo di Napoli.
Fig. 5: Stralcio della carta geologica dei Campi Flegrei (collina dei Camaldoli) con gli affioramenti del piperno da Rosi e Sbrana 1987.
Masseria del Monte
1. Piroclastiti rimaneggiate in aree di intensa antropizzazione
2. Tefra di eruzioni subaeree più recenti di 8.000 anni
22. Tufo Giallo Napoletano
28. Breccia Museo e Piperno
30. Prodotti precedenti alla messa in posto dell’Ignimbrite Campana
Limite della Caldera
Fig. 6: Interno della cava di Masseria del Monte.
Fig. 7: Schema dei Campi Flegrei con i limi della Caldera dell’Ignimbrite Campana (CI) e della Caldera del Tufo Giallo Napoletano (NYT).
Fig. 8: Sezione stratigrafica di Masseria del Monte
Ca2 - Formazione del Piperno - Breccia Museo (Rittman et alii, 1950). Deposito di flusso piroclastico di spessore variabile (si ispessisce nelle morfologie depresse) costituita da un’alternaza di livelli sciolti in cui predominano elementi litici arrotondati e di livelli saldati formati prevalentementeb da una matrice cineritica in cui sono presenti abbondanti elementi juvenili appiattiti e densi (fiamme). Esso è inoltre caratterizzato da strutture di degassazione. Il grado di saldatura di questo deposito varia in funzione del rapporto litico/juvenile. Dove la quantità di materiale litico predomina, il deposito si presenta poco saldato; al crescere della quantita di materiale juvenile il grado di saldatura aumenta.
Ca3 - Deposito cineritico di flusso piroclastico con pomici alterate spesso sub - arrotondate. A tratti si osserva una gradazione inversa per le pomici e diretta per i litici (gradazione per densità). Il deposito è interessato da presenza di strutture di degassazione.
Ca4 - Formazione del Piperno - Breccia Museo (Rittman et alii, 1950). Deposito da flusso piroclastico costituito da pomici arrotondate, da ossidiane e subordinatamente da litici anche di grosse dimensioni. Le notevoli dimensioni degli elementi litici testimoniano la vicinanza al centro di emissione.