L’isola d’Ischia

L’isola d’Ischia, sita al bordo nord-occidentale del Golfo di Napoli, si estende su una superficie di 42 km2 e costituisce un campo vulcanico la cui estensione originaria era superiore alla superficie attualmente emersa. Il rilievo di Monte Epomeo (787 m slm), sulla cui cima Filostrato favoleggiava che vi salisse Poseidone per osservare i mari circostanti, troneggia sull’intera isola. Essa ha assunto diversi nomi nel tempo: Pythecusa, Aenaria, Inarime, Arime, Iscla e, infine, Ischia.
Per i Greci e i Latini era nota col nome di Pythecusa secondo Strabone per essere un tempo abitata dai Circopi o Scimie (animali mitologici che col movimento della coda attraevano con lusinghe e inganni i forestieri per spogliarli dei loro averi e trucidarli). Più realisticamente secondo altri Autori questo nome deriverebbe dal greco pythos, ossia botte o ziro di creta in quanto l’isola era rinomata per la sua industria di vasi fittili. Successivamente, secondo lo Jasolino (1588), il nome di Aenaria, poi divenuto Inarime, venne attribuito all’isola dopo che Enea vi si ricoverò con la sua flotta per sfuggire a una tempesta nel Tirreno. Solo con la dominazione angioina l’isola assunse il nome di Iscla poi italianizzato in Ischia.
La sua natura vulcanica ha alimentato favole e leggende sin da epoche antiche. La più nota è sicuramente quella tramandata sin da epoca greco-romana: si cantava che nel centro dell’isola fosse stato incatenato da Giove il Gigante Tifeo il quale rabbioso “vomita sempre incendi e rovine” (D’Ascia, 1867).
L’intensa storia sismica e vulcanologica ma anche i frequenti fenomeni di dissesto idrogeologico, talora connessi ai primi, hanno da sempre interagito e interferito in modo più o meno catastrofico con le attività umane, spesso cancellando o costringendo all’abbandono di antichi insediamenti storici e preistorici. Tuttavia l’isola è da sempre rinomata anche per la sua ricchezza di fonti termali e termominerali dalle importanti virtù terapeutiche e mediche, dono benigno di quella stessa natura vulcanica distruttrice.
Dal punto di vista architettonico, di notevole interesse è anche una particolare forma di costruzioni rupestri molto diffusa nei settori occidentali e settentrionali dell’isola dove i ciclopici massi di Tufo Verde franati dalle creste di Monte Epomeo sono stati cavati al loro interno per ricavarne opere insediative civili, idrauliche e di culto note come “case di pietra”; arte unica nel suo genere in Campania e di notevole interesse nel contesto del trogloditismo dell’area mediterranea.
Le grotte vulcaniche dell’isola sono per lo più rappresentate da cavità impostate lungo linee di debolezza strutturale degli ammassi prevalentemente lavici e subordinatamente tufacei e scoriacei. In questi casi l’isolamento di masse prismatiche, la presenza di rocce molto fratturate o lo svuotamento delle parti meno compatte di strutture vulcaniche (dicchi), sotto l’azione erosiva del vento o del mare favorisce la creazione di vuoti sotterranei dello sviluppo anche di alcune decine di metri. Questa tipologia di cavità è molto diffusa lungo la fascia costiera Flegrea insulare.

Tratto da: Del Prete S., Bellucci F. (2005) - Le cavità vulcaniche: il Somma-Vesuvio e l’isola d’Ischia. In: Grotte e speleologia della Campania. Federazione Speleologica Campana, Elio Sellino ed., pp. 529-544.